Il pane è una cosa seria.
Da bambina se un pezzo di pane cadeva a terra, lo raccoglievo e lo baciavo.
Il bacio sul pane è un gesto che, uno o due paio generazioni fa, genitori e nonni insegnavano a dare al cibo caduto per terra, in segno di rispetto per quel bene prezioso, che non doveva, in alcun caso, essere buttato o sprecato.
Se proprio un tozzo di pane non potevi recuperarlo allora veniva dato agli animali.
Il pane è sempre stato il bene più prezioso, il simbolo del minimo necessario per vivere, ed inoltre prepararlo costava lavoro e fatica alle donne che lo impastavano.
Tanto di quello che oggi so sul pane nasce dai ricordi di una bambina che accompagnava le nonne al forno del paese e ascoltava i discorsi delle massaie che si scambiavano considerazioni più o meno gentili sulle rispettive pagnotte, attinge dai racconti di mia nonna vivente che dall’alto dei suoi 92 anni è un serbatoio immenso di esperienza…
Proprio qualche giorno fa, le dicevo per telefono di una pagnotta appena sfornata e lei è partita con il racconto di come faceva il pane fino a un paio di decenni fa, una storia che conosco bene perché, in parte l’ho vissuta, e in parte mi è stata raccontata, decine di volte.
Ma le storie di pane è sempre un piacere ascoltarle e non si finisce mai di imparare…
Per nonna la “madre” era una pallina di impasto secco che stipava in un angolo della madia dentro una di quelle che venivano chiamate tazze da brodo.
La sera prima di impastare il pane preparava “la messitura”: toglieva la crosta superficiale da quell’amalgama conservato nella tazza, scioglieva il cuore morbido con l’acqua per poi impastarlo con la farina. La parte dura non veniva buttata, ma data agli animali del cortile.
La “messitura” doveva essere lavorata a lungo e bene con la forza delle braccia, poi veniva messa a riposare sotto il calore di una coperta tutta la notte.
L’indomani, di primo mattino, mentre fuori era ancora buio, nonna prendeva il suo sacco di farina da 10 kg e lo versava sulla madia. Una volta setacciata, univa alla farina anche un paio di patate lessate e ridotte in poltiglia per rendere l’impasto più soffice.
Dopodiché faceva un grande buco al centro, un cratere, aggiungeva una manciata di sale e in ultimo la “messitura”. L’impasto proseguiva con l’aggiunta graduale di acqua, 7 o 8 L. Qui devo aprire una piccola parentesi sul sale, che nonna sostiene non debba essere troppo altrimenti rallenta la lievitazione.
Tornando a Bomba, aggiunti tutti gli ingredienti alla farina, cominciava un grande e ritmato lavoro di braccia, che durava uno o due ore, il pane doveva essere impastato con forza, cura e tanto sentimento. Terminato l’impasto, lo metteva al caldo, nella madia, coperto da canovacci puliti e coperte.
Dopo un paio di ore controllava lo stato di lievitazione premendo con un dito, se la fossetta tornava indietro lentamente era arrivato il momento di fare le pezzature. Le singole pagnotte venivano ulteriormente lavorate, sistemate su una tavola, spolverate di farina e coperte dai canovacci. Quindi si aspettava crescessero di nuovo, per poi infornarle.
La chiacchierata telefonica con nonna si è interrotta a questo punto (sul più bello?!), doveva andare a tirare la pasta per le pappardelle.
Quindi nel prossimo post sul pane vi parlerò del suo racconto sulla cottura nel forno del legna, uno degli aspetti più affascinanti del pane fatto in casa.
Ora però, vorrei dirvi qualcosa vi scrivo del mio pane, semplicissimo, senza impasto, senza lunghe lavorazioni (così poche che a nonna si drizzerebbero i capelli) giusto qualche piega.
E’ fatto con il Li.co.li (ovvero lievito a coltura liquida) al quale sono approdata dopo anni di esperienze più o meno e felici con il lievito di madre solido. Un giorno, per caso, mi sono imbattuta in un articolo che spiegava come convertire la pasta madre da solida a liquida e tutti vantaggi di suddetta trasformazione.
Che cos’è il Li.co.li
Parlando in maniera molto pratica, mentre la pasta madre ha un’idratazione del 50 % – 50 g di acqua per rinfrescare 100 g di PM con 100 g di farina- Il lievito liquido, invece, ha un’idratazione che arriva fino al 130% , 100 g di LM, 100 g di farina, 100 g (130 g) di acqua.
Del licoli parlo in maniera più approfondita in questo post, mentre ora è il momento di dirvi di più del pane senza impasto cotto in forno dentro una pentola con coperchio di cui sicuramente avrete sentito parlare.
Si chiama pane senza impasto perché per realizzarlo non avrete bisogno di nessuna planetaria, ma solo un di un cucchiaio. Il primo impasto, infatti, si lavora velocemente in una capiente ciotola, giusto il tempo di amalgamare tutti gli ingredienti. La cottura in pentola, che Lahey chiama il forno nel forno, permette un’ottima cottura del pane, facendolo crescere in verticale. Potete usare una pentola in ghisa, in pyrex, in acciaio, in terracotta oppure in ceramica, purché abbia un coperchio e sia adatta alla cottura in forno!
Quello che sto per raccontarvi è il mio modo di fare il pane senza impasto, con un farina 0 tagliata con semola di grano duro Senatore Cappelli e farina di frumento tipo 1. Lo cuocio nella tajine (questa qui) una pentola di ceramica tradizionale marocchina formata da un piatto di ceramica e da un coperchio a forma di cono che viene appoggiato sopra la base durante la cottura. Dentro ci riesco a cuocere una bella pagnotta da 1 kg come quella che vedete in foto.
Il pane senza impasto non lo ha inventato nessuno, almeno di recente. Sul web, spesso, viene attribuita a un panettiere americano, citato prima, Jimh Lahey e poi c’è chi, giustamente sostiene, che non è altro che il pane “cafone” realizzato da tempo immemore nelle case contadine italiane.
Perché solo ora un post sul pane?
Perché da quando ho i licoli il mio pane mi piace molto di più, di acidità neanche il minimo sentore, è morbido, la crosta è fragrante, mi sembra di gestirlo meglio, mi sento padrona del procedimento.
Lungi dall’essere perfetto, non ha il minimo sentore di acidità, è morbido, la crosta è croccante e una miriade di profumi, sapori e aromi sono racchiusi in quella fetta che non potevo non gridarlo al mondo: ciao a tutti, questo è il mio pane!
Pane Senza Impasto con i Licoli
Ingredienti
- 250 gr farina 0
- 150 gr semola di grano duro
- 50 gr farina di tipo 1
- 150 gr licoli maturo (rinfrescato due volte al 100% di idratazione)
- 280 gr acqua di rubinetto
- 10 gr sale
- 1 cucchiaino di miele
Istruzioni
- La sera prima in una ciotola abbastanza grande da contenere la lievitazione, sciogli con un cucchiaio i licoli nell’acqua. Aggiungi la farina setacciandola, poi il miele ed infine il sale. Mescola il tutto per qualche minuto, in modo da amalgamare bene tutti gli ingredienti.Copri la ciotola con della pellicola trasparente e riponila, a temperatura ambiente, lontano da correnti da aria per tutta la notte. L’indomani mattina (ca. 12 h a 20°), troverai un impasto morbido e lievitato che avrà occupato gran parte della ciotola. Sulla superficie dovranno esserci bolle e piccoli fori.Infarina una spianatoia con della semola, stendi delicatamente l’impasto aprendolo con le dita e dai delle pieghe a fazzoletto per creare la forma della pagnotta. Pieghe a fazzoletto: dopo aver steso l’impasto, prendi un angolo e ripiegalo verso il centro, fai la stessa piega con gli altri tre angoli. Ora fai le stesse pieghe nel quadrato stretto che si è venuto a formare. Riponi la pagnotta così’ formata in un cestino da lievitazione, oppure in una ciotola rivestita da un canovaccio pulito e spolverata di semola; fai in modo che la chiusura dell’impasto sia rivolta verso l’alto.Copri e fai lievitare fino al raddoppio del volume. A me, con una temperatura ambiente di 20°, ha impiegato 2 h. Per cuocere questo tipo di pane ti serve una pentola con coperchio, in ghisa, in acciaio, in ceramica oppure in vetro (adatti al forno!)Come anticipato io uso una tajine.Metti la pentola, senza coperchio, nel forno, ed accendilo al massimo della temperatura, in modalità statica. Quando la lievitazione sarà ultimata ed il forno sarà caldissimo, togli la pentola dal forno, avendo cura di richiuderlo subito, e ribalta la pagnotta nella pentola (parte liscia della pagnotta verso l’alto).Metti il coperchio ed inforna subito.Cuoci a 240° forno statico, per 10’, poi abbassa la temperatura a 200° e lascia cuocere per 35’, quindi togli il coperchio e lascia cuocere per altri 25’.Per avere una crosta croccante, sforna il pane toglilo dalla pentola e ponilo direttamente sulla griglia del forno per 10’ con forno ventilato. Gli ultimi minuti tengo lo sportello del forno leggermente aperto.Una volta sfornato il pane lascialo raffreddare su una gratella, per far si che l’umidità esca.Cerca di resistere fino al giorno dopo prima di tagliarlo, in questo modo matureranno tutti i profumi e i sapori del pane, e la mollica sarà ben asciutta.Chiuso in un sacchetto di cotone o di carta si conserva benissimo per circa una settimana.
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